Probabilmente all'Ikea non hanno preso bene gli insulti e le offese piovute sul portale Spazioalcambiamento.it, una bacheca on-line messa a disposizione dei clienti per migliorare il customer care.
Dichiara l’ufficio Relazioni Esterne di Ikea che “a partire dalle ore 12.45.34 di sabato 10 novembre abbiamo ricevuto più di 4.000 messaggi in un tempo ridottissimo (oltre un contenuto per secondo). Questi messaggi – tutti identici tra loro - sono stati generati in modo automatico e contenevano un link palesemente spam, creato per una sospetta azione di phishing (furto dati sensibili) attraverso un falso form di login”.
Ma qual è stata la causa scatenante di queste proteste anche piuttosto veementi, sebbene “virtuali”?
La miccia è stata la dura vertenza sindacale che ha coinvolto IKEA a Piacenza per via della protesta dei facchini a causa delle loro condizioni contrattuali. Ebbene sul Web la posizione è stata quasi unanime a favore dei facchini considerati come sfruttati dall’azienda.
Qui non vogliamo entrare nel merito della questione sindacale che non ci compete, ma mettere sotto i riflettori la reazione di una grande multinazionale e di un grande brand.
Come IKEA si è resa conto di quanto stava accadendo, ha agito tempestivamente bloccando il sito per tutelare gli utenti attivi in quel momento, evitando loro di seguire il link inviato con l'attacco, nonché di salvaguardare i dati degli utenti già registrati nel database del sito. A questa è seguita subito la denuncia alle competenti autorità di polizia postale
continua l’azienda in una nota ufficiale.
Quello che desta degli interrogativi è il motivo per il quale Ikea abbia deciso di non rimettere on-line il portale. Ovviamente questa contravvenzione alle norme di consuetudine del Web, secondo le quali non appena si risolve un attacco informativo si rimette on-the-Web il sito attaccato, ha dato ai detrattori di Ikea un appiglio in più per attaccare l’azienda e onestamente ha messo la pulce nell’orecchio anche ai più moderati.
Spazio al cambiamento?
Spazio al cambiamento di Ikea era uno spazio web che ambiva ad essere una sorta di agorà in cui si concedeva libero accesso e libera espressione, ma proprio nel momento in cui la massima parte delle opinioni espresse erano di segno negativo rispetto all’operato aziendale, lo spazio democratico è venuto meno.
Col senno del poi ci sentiamo di affermare che l’azienda svedese ha perso l’occasione di mettersi veramente in gioco, ha perso l’opportunità di dimostrare che lo spazio pubblico potesse essere realmente riconosciuto come tale, legittimandolo con un confronto diretto, aperto e paradossalmente non mediato: non capita spesso di poter parlare con il Signor Ikea, no?
"Fare un giro da Ikea” significa entrare in un mondo di design a portata di mano, oltre che di portafoglio, ma al di fuori della logica dello shopping mordi e fuggi. Una volta usciti con il nostro cartone tintinnante dallo store Ikea, chi di noi non ha quella particolare sensazione che anche se ci dovesse mancare la più piccola delle viti... da Ikea ce l’avrebbero sicuramente ridata?
D’altra parte il Signor Ikea può sempre risponderci che la polemica innescata su Spazio al cambiamento non trattava un problema di customer care, ma piuttosto un attacco deliberato e lesivo della reputazione della sua azienda.
Potremmo però indurre il Signor Ikea a riflettere sul fatto che d’ora in poi la sua azienda potrà essere ricordata non solo per la sua inconfondibile scrittona gialla e blu, o per la serenità che infonde ai suoi clienti ma anche così:
Le è davvero convenuto chiudere la sua agorà, Signor Ikea?