Chi non si è mai fatto affascinare dall'arte irriverente che prorompe nelle strade? Da quegli artisti che hanno reso queste ultime le gallerie d'arte più democratiche mai esistite?
E' ormai noto che, prevalentemente negli ultimi dieci anni, la Street art è divenuta molto popolare, grazie soprattutto ad artisti quali Banksy e Shepard Fairey, maggiori esponenti dell'arte urbana moderna, soprattutto della prima fase di quest'ultima, in cui l'arte di strada, intrisa di rimandi politici, è orientata alla provocazione della società.
Nelle opere di Banksy, gli argomenti affrontati a colpi di stencil sono soprattutto la cultura, l'etica e, per l'appunto, la politica. Da Londra alle principali capitali europee fino ai musei più importanti del mondo, l'inconfondibile segno dell'artista lascia tracce indelebili.
Shepard Fairey, in arte Obey, è invece un maestro della poster art. I suoi lavori invadono le strade, in un loop di immagini rielaborate che spingono il passante, ormai assuefatto al bombardamento pubblicitario, a chiedersi il senso di ciò che sta guardando.
Negli ultimi anni, però, la Street art ha subito un'evoluzione: molti street artisti, infatti, hanno mitigato l'indole aggressiva, mirando più che alla provocazione all'incoraggiamento delle masse, al fine di farle sentire meglio con se stesse e allo stesso tempo a responsabilizzarle.
Questo cambio di rotta è molto probabilmente dovuto all'empatia dimostrata dal pubblico nei confronti degli artisti di strada, i quali da giovani ribelli sono passati allo status di artisti. Ed è in questo momento che la Street art diventa quell'arte capace di sostenere le persone, di ricordargli di essere forti e andare avanti, nonostante rivoluzioni, crisi e sogni infranti.
Principali esponenti di questa seconda era dell'arte urbana sono Above e Morley.
Above è uno dei pochi street artisti famosi ancora anonimi; i suoi lavori sono approdatati negli Stati Uniti, in Europa e in Australia, integrandosi perfettamente nel luogo in cui sono collocati, includendo spesso messaggi brevi o giochi di parole.
Tutt'altro che anonimo è invece Morley, che non solo utilizza il suo vero nome come firma ma inserisce l'immagine di se stesso nei manifesti che, con un ampio uso del grassetto, intendono infondere messaggi di speranza alle anime stanche della città di Los Angeles.