Ben un terzo degli investimenti totali in pubblicità negli Stati Uniti si concentra online, perlopiù in banner sui siti web e nel rich media advertising. Oggi il settore del display advertising, dopo più di quindici anni di attività, risulta invecchiato e inoltre la maggior parte dei consumatori ammette di ignorare o di non ricordare i banner inseriti nei classici siti web.
Questa situazione ha generato un’enorme crisi del settore: se a metà degli anni ’90 il “clickthrough rate” (tasso che rappresenta il numero di volte in percentuale che un annuncio/banner viene cliccato rispetto alle volte che viene visualizzato) era in media intorno al 5%, nell’ultimo decennio è sceso tra lo 0,2% e lo 0,4%.
Una soluzione a questo problema sembra essere offerta dall’innovazione proposta da Pixazza, società californiana fondata nel 2008 e dal 2009 finanziata anche da Google Ventures. Pixazza (nome nato dalla combinazione tra “picture”, il focus di molti web site, e “piazza”, con riferimento al luogo urbano) rappresenta la trasposizione del servizio AdSense nel settore delle immagini.
La società ha infatti creato un software capace di riconoscere i prodotti in una foto e collegarli direttamente ai link dei siti che li commercializzano. Semplicemente passando con il mouse sopra una fotografia, inserita all’interno di un sito web o di un blog, gli utenti vedranno comparire box informativi contenenti dettagli sugli oggetti raffigurati, il relativo prezzo e il link per acquistare prontamente l’oggetto di interesse.
Questo sistema si è adattato perfettamente ai celebrity blogs americani come justjared e celebuzz, in cui alle immagini rubate dai paparazzi dei vip di Hollywood vengono aggiunti i link per acquistare alcuni dei capi indossati, dall’eccentrico cappello di Angelina Jolie all’ultima t-shirt di Robert Pattinson. Oltre al settore dell’abbigliamento Pixazza oggi si fa strada anche nel settore del turismo, dell’arredamento e dello sport. Al momento Pixazza serve 10 miliardi di immagini l’anno (di cui il 70% solo negli Stati Uniti) e ha aumentato in media del 14% il tempo speso dagli utenti sui siti che usano questa tecnologia.