Come forse molti di voi già sapranno, Google ha deciso di porre fine alla censura di alcuni contenuti nella sua versione cinese.
La decisione è stata presa a causa dei numerosi attacchi di hacker cinesi, che si sospetta siano al servizio del governo, verso le caselle Gmail di alcuni attivisti per i diritti umani.
In tutta risposta, Google ha deciso in primo luogo di abolire i filtri che facevano scomparire, per la gioia del Governo cinese, link relativi ad argomenti scomodi come il Dalai Lama o Tien an men.
Dal 2006 infatti, data della nascita di Google.cn, Mountain View aveva accettato il compromesso col governo cinese, filtrando i risultati delle ricerche che potevano causare problemi al regime.
Ora la decisione di porre fine a questa politica e "liberare" la versione cinese di Google, probabilmente per rappresaglia contro le azioni illegittime del governo cinese. Decisione che però potrebbe presto portare a conseguenze serie. Di fronte all'apertura alla Net freedom, infatti, il governo risponderà probabilmente con uno stop all'utilizzo del motore di ricerca per chi si connette dal territorio cinese. Un'azione già intrapresa nei confronti di altri siti che avevano rifiutato di auto-censurarsi (ad esempio Wikipedia) e che con tutta probabilità riguarderà anche la grande G.
Difficile credere che Google non abbia fatto le sue attente valutazioni di marketing prima di agire. Probabilmente quindi, i rischi d'immagine di fronte al mantenimento di un atteggiamento collaborazionista con il governo cinese sono stati valutati come maggiori rispetto alle opportunità commerciali verso un mercato che, con i suoi 300 milioni di utenti, ha superato anche quello statunitense. Se la valutazione sia giusta o sbagliata potrà dirlo solo il tempo.
Quello che ci sembra più interesssante, invece, è il cambiamento di atteggiamento di Google. Un cambiamento che potrebbe in un futuro non molto lontano riguardare anche altri paesi che dovessero adottare politiche non più in linea con l'immagine del più popolare dei motori di ricerca. Il pensiero corre subito, ovviamente, al caso Google/Vivi Down del quale vi abbiamo parlato tempo fa e la cui sentenza potrebbe aprire scenari non tanto diversi da questi.
Se infatti Google dovesse essere condannata e fosse costretta ad adottare cambiamenti alle sue politiche (in quel caso sul caricamento dei video), non è da escludere che possa reagire come in Cina, ovvero decidendo di evitare ogni azione di filtraggio e correre il rischio di abbandonare il servizio in quello Stato.
Staremo a vedere, certo la sola idea che l'Italia possa essere paragonata a regimi come quello cinese dovebbe far riflettere. Ora tocca a voi, diteci la vostra: il dibattito è aperto!