La città postmoderna, con l’avvento della tecnologia, vede subire delle trasformazioni spazio-temporali e sociali profonde: sullo spazio fisico aumenta il bisogno di comunicare e muoversi in maniera sempre più veloce ma, soprattutto, aumentano quei tempi interstiziali che influenzano il nostro vissuto quotidiano.
L’interstizio corrisponde, in primo luogo, all’esperienza dello stare fra, del trovarsi in mezzo fra due elementi, parti, oggetti. E’ inteso, poi, come l’intervallo di tempo esistente tra due fatti, equiparandosi dunque al significato di arco o periodo temporale delimitato.
Un tempo tipicamente interstiziale è il tempo d’attesa, sempre percepito come troppo lungo, perso: è un segmento breve, accidentale.
La condizione d’attesa è un elemento caratteristico e ricorrente nella nostra società, nelle città contemporanee ci troviamo spesso inseriti in contesti in cui siamo obbligati a transitare e spesso ad attendere.
Il sistema dei trasporti, ad esempio, è uno dei massimi generatori d’attesa: si tratta di spazi, “non luoghi” ( così definiti dal filosofo Marc Augè in quanto privi di relazionalità, storicità, identità ) che non esistono se non per la loro funzione di passaggio obbligato da un luogo all’altro.
Oggi diventa necessaria una strategia di ripensamento del servizio d’attenzione al cliente-consumatore che richiede sempre più qualità nei servizi in una società altamente terzializzata, soprattutto, in questi luoghi in cui spesso l’attesa non può essere evitata ma può essere percepita e vissuta attraverso significati sostitutivi e riempita per mezzo di nuovi flussi comunicativi.
Considerata la particolarità di questi potenziali e nuovi luoghi di fruizione, nasce la necessità di un ripensamento della comunicazione che diventa sempre più breve, frammentaria. Nasce così un nuovo sistema di linguaggio e formati, che possiamo definire nuovi artefatti della comunicazione breve: si presentano con uno stile non invasivo per intrattenere, fornire informazioni utili, ma anche per suggestionare in maniera discreta.
Alcuni esempi pratici provengono da alcuni esperimenti molto interessanti del Laboratorio di sintesi della Facoltà di Design del Politecnico di Milano. Si tratta dei primi prototipi della comunicazione d’attesa: ad esempio, la sosta in lavanderia che può diventare un occasione per esporre opere d’arte ( wash art ); l’attesa agli impianti sciistici una possibilità per informare sul comportamento da avere sulle piste tramite segnaletica grafica; così come, l’attesa in metropolitana può essere un’opportunità per informare ed educare grazie a proiezioni su grandi schermi e format particolari ( educati in metro ).
I nuovi media si presentano come canali molto adatti alla comunicazione breve.
Diventa sempre più necessario, con l’evoluzione mediatica, un ripensamento delle forme comunicative che devono essere riadattate a nuovi formati e a nuovi segni linguistici per dar vita ad una nuova sintassi.
Una delle forme atipiche della comunicazione breve è la TV d’attesa: un nuovo medium, che differisce totalmente dai classici media sia per quanto riguarda la modalità di fruizione e tipologia di contenuto, che per i tempi e i ritmi di erogazione. E’ questo il campo privilegiato per sperimentare linguaggi ibridi come, ad esempio, la videografica.
Alcune società sembrano già aver compreso la forte potenzialità di questo nuovo medium, così come alcune compagnie di trasporti ( aeroporti e metropolitane ) e le amministrazioni pubbliche, che grazie all’aiuto di designer della comunicazione stanno cercando di riqualificare e ri-semantizzare i loro spazi per minimizzare e rendere piacevole il tempo d’attesa.
Anche le TV-vetrine sembrano iniziare a prender piede. Sempre più spesso capita di imbatterci in queste retroproiezioni in grande formato sulle vetrine di alcuni punti vendita: in questo caso si tratta di esposizioni pubblicitarie che creano prossimità, informano e guidano il consumatore a scoprire il prodotto. Tali modalità espositive hanno il vantaggio, rispetto allo spot televisivo e all’inserzione editoriale, di andare incontro al cliente, il quale non può schivare il messaggio facendo zapping o voltando pagina.
E’ evidente quanto sia interessante questa nuova forma di comunicazione breve, ancora in una fase embrionale ma, che di giorno in giorno sta attraendo e incuriosendo i diversi protagonisti del settore, che guardano con interesse alle sue enormi potenzialità.
Articolo originale di API
Letture d’approfondimento
• Augé Marc, Non-lieux, Seuil, Paris, 1992 ( trad. it. Non Luoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità, Eleuthera, Milano, 1992 );
• Gasparini, G., L’attesa: un tempo interstiziale ? in “Studi di Sociologia”;
• LineaGrafica, rivista bimestrale di grafica, comunicazione visiva e multimediale.