Sul tema della Responsabilità Sociale delle Imprese, vi riporto questo articolo di Mauro Broggi pubblicato su Daily Media.
Mi interessa proporre uno spunto di dibattito. Guardate sotto lo spot, e a voi la palla...
BACK TO CSR?
(articolo di Mauro Broggi su Daily Media)
CSR o Corporate Social Responsability, Responsabilità Sociale d’Impresa. Nasce, priva di coscienza di sé, agli inizi del secolo da alcuni imprenditori che ai propri operai danno, oltre al lavoro, anche assistenza, casa, cultura. Quindi sicurezza e orgoglio d’appartenenza.
Dopo la guerra e la ricostruzione industriale diventa elemento distintivo dell’identità dell’azienda, che ne prende consapevolezza e ne percepisce il valore di immagine. Negli ultimi anni cambia codice genetico e diventa leva di marketing: non più destinata alla sola corporate image, ma perfino alla comunicazione di prodotto.
Un decadimento naturale. Al punto che oggi ha bisogno di essere certificato da terzi quello che prima era vissuto come dna aziendale. Il grande business della certificazione sociale serve a rassicurare consumatori e stakeholder, e pare aver poco a che fare con l’identità dell’impresa: sempre più spesso le aziende si comprano e si vendono a pezzi, il marchio diviso dagli stabilimenti, il portafoglio clienti dall’abilità dei venditori.
A dare dignità di sistema alla CSR ci ha provato il ministro Maroni, all’interno di un modello di welfare nel quale il volontariato mette gente e competenze, le aziende mettono i soldi, il governo mette ordine nel senso che indica priorità e settori di intervento.
Addio vecchio Stato sociale, benvenuta CSR. Maroni, diamogliene atto, ci crede e ci lavora da anni, e oggi lancia anche uno spot non banale: “senza responsabilità sociale non si costruisce niente”. Ma il mix suscita perplessità: l’attività sociale (a scopo di immagine) è generalmente destinata a chi con l’impresa abbia qualche rapporto, almeno di conoscenza.
E se tutti ricordano i grandi marchi, quale piccola o media realtà imprenditoriale si farà convincere ad aiutare bisogni “lontani”? Meglio evitare contraddizioni clamorose: sì al fare meglio ognuno il proprio mestiere, no a stage e apprendistati di anni, no a lavoratori a progetto senza progetto. Spegniamo le candeline a San Precario.