Il passaggio da una comunicazione “mediata” ad un approccio face-to-face, sta facendo emergere una nuova forma di product placement che definirei “real life product placement”, vale a dire integrare beni e servizi nella vita reale in contesti coerenti con il brand e rilevanti per il consumatore, in modo che questi possa farsi un’idea del prodotto non sulla base del messaggio emesso in maniera invasiva dall’azienda, bensì basandosi sulla propria esperienza del prodotto e sulle associazioni simboliche e valoriali create dal contesto in cui è inserito.
I valori tangibili e intangibili del brand e il messaggio della comunicazione vengono quindi veicolati in maniera indiretta, attraverso l’“ambiente” e il contesto sociale in cui sono inseriti.
Rientrano in una strategia di “real life product placement” la dislocazione/distribuzione di prodotti in circuiti di comunicazione quali hotel, fitness club, bar, università e la creazione di accordi di co-marketing con catene distributive, brand affini, endorser o sneezer appartenenti a subculture, con l’obiettivo di rendere il prodotto parte di un territorio reale e simbolico (come Mc Donald’s che paga i rapper affichè inseriscano i panini nei loro testi).